La guerra non finisce mai: una prospettiva di pace attraverso le testimonianze
La conversazione tra un gruppo di rifugiati di diverse provenienze e alcuni attivi rappresentanti del pacifismo traccia un percorso di identificazione reciproca che trova tanti punti di contatto proprio nell’essere contro la guerra.
approfondimenti
La guerra non finisce mai: una prospettiva di pace attraverso le testimonianze
"La guerra non finisce mai", una frase carica di consapevolezza. Possiamo però intravedere una via d'uscita da questo ciclo di violenza. Ne abbiamo dialogato con persone provenienti da diverse parti del mondo, tutte accomunate dalla convinzione che la guerra debba essere fermata. Il risultato della conversazione è stato pubblicato su i Quaderni della Decrescita.
Emilio Rossi, presidente del Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione Internazionale (CIAC), getta subito le basi di questo dialogo, sottolineando che essere contro la guerra implica un impegno costante e la condivisione delle responsabilità.
Le testimonianze di coloro che hanno conosciuto la guerra in prima persona trasmettono la sua grande portata di devastazione. Khalid, nato in Somalia, ricorda una realtà in cui la guerra sembra intrecciata con la vita, senza accennare ad una fine. Ahmad, proveniente dal Sudan, parla della guerra civile che ha dilaniato il suo paese per anni, lasciando cicatrici nella sua comunità.
Ma non è solo chi è nato in paesi in guerra a portare avanti questo discorso. Danilo, presidente della Casa della Pace a Parma, rievoca i ricordi della seconda guerra mondiale, sottolineando come la sua esperienza personale abbia plasmato il suo impegno per la pace. Anche Rosi, nata in Italia, sente il richiamo a lottare contro le ingiustizie e le disuguaglianze che la guerra crea nel mondo.
Le testimonianze si estendono, abbracciando diverse prospettive e punti di vista. Issa, dal Burkina Faso, riflette sulle radici della guerra, evidenziando come l'ignoranza e la mancanza di dialogo possano alimentare conflitti inizialmente insignificanti che poi esplodono.
Ma c'è speranza. Danilo guarda al passato per trovare l'ispirazione nella capacità umana di superare le differenze e di costruire la pace. La lunga era di pace in Europa dopo la Seconda guerra mondiale dimostra che è possibile porre fine ai conflitti, anche se ciò richiede un grande sforzo.
Non bisogna però dimenticarsi degli interessi economici e geopolitici che alimentano le guerre in tutto il mondo. Le grandi potenze mantengono spesso altre regioni in uno stato di conflitto per il proprio vantaggio.
Le voci di coloro che si oppongono alla guerra, che lottano per la pace, crescono in numero e in forza. Zirak sottolinea l'importanza dell'istruzione e del dialogo nel contrastare l'ignoranza che porta alla guerra. Anastasia invita a educare alla tolleranza e alla comprensione delle differenze.
Essere contrari alla guerra significa richiamare l'umanità per costruire un futuro in cui la pace sia una realtà concreta.
Clicca qui per leggere il pdf sul sito dei Quaderni della Decrescita
"La guerra non finisce mai", una frase carica di consapevolezza. Possiamo però intravedere una via d'uscita da questo ciclo di violenza. Ne abbiamo dialogato con persone provenienti da diverse parti del mondo, tutte accomunate dalla convinzione che la guerra debba essere fermata. Il risultato della conversazione è stato pubblicato su i Quaderni della Decrescita.
Emilio Rossi, presidente del Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione Internazionale (CIAC), getta subito le basi di questo dialogo, sottolineando che essere contro la guerra implica un impegno costante e la condivisione delle responsabilità.
Le testimonianze di coloro che hanno conosciuto la guerra in prima persona trasmettono la sua grande portata di devastazione. Khalid, nato in Somalia, ricorda una realtà in cui la guerra sembra intrecciata con la vita, senza accennare ad una fine. Ahmad, proveniente dal Sudan, parla della guerra civile che ha dilaniato il suo paese per anni, lasciando cicatrici nella sua comunità.
Ma non è solo chi è nato in paesi in guerra a portare avanti questo discorso. Danilo, presidente della Casa della Pace a Parma, rievoca i ricordi della seconda guerra mondiale, sottolineando come la sua esperienza personale abbia plasmato il suo impegno per la pace. Anche Rosi, nata in Italia, sente il richiamo a lottare contro le ingiustizie e le disuguaglianze che la guerra crea nel mondo.
Le testimonianze si estendono, abbracciando diverse prospettive e punti di vista. Issa, dal Burkina Faso, riflette sulle radici della guerra, evidenziando come l'ignoranza e la mancanza di dialogo possano alimentare conflitti inizialmente insignificanti che poi esplodono.
Ma c'è speranza. Danilo guarda al passato per trovare l'ispirazione nella capacità umana di superare le differenze e di costruire la pace. La lunga era di pace in Europa dopo la Seconda guerra mondiale dimostra che è possibile porre fine ai conflitti, anche se ciò richiede un grande sforzo.
Non bisogna però dimenticarsi degli interessi economici e geopolitici che alimentano le guerre in tutto il mondo. Le grandi potenze mantengono spesso altre regioni in uno stato di conflitto per il proprio vantaggio.
Le voci di coloro che si oppongono alla guerra, che lottano per la pace, crescono in numero e in forza. Zirak sottolinea l'importanza dell'istruzione e del dialogo nel contrastare l'ignoranza che porta alla guerra. Anastasia invita a educare alla tolleranza e alla comprensione delle differenze.
Essere contrari alla guerra significa richiamare l'umanità per costruire un futuro in cui la pace sia una realtà concreta.
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