La Corte UE demolisce il “modello Albania”: basta propaganda sulla pelle dei rifugiati
Non si può più fingere. Con la sentenza diffusa oggi, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha smascherato l’illegalità e la brutalità del cosiddetto “modello Albania”: il governo italiano ha costruito un sistema fuori dal diritto europeo, fondato sulla propaganda e sul sacrificio dei diritti fondamentali delle persone più vulnerabili. «Un pezzo per volta la magistratura sta sgretolando il muro che questo governo sta costruendo per limitare i diritti dei rifugiati. Dobbiamo continuare a combattere perché questa è una battaglia giusta che difende i diritti delle persone», dichiara Michele Rossi, direttore di Ciac, che insieme al Tavolo Asilo e Immigrazione segue da mesi la vicenda.
La sentenza pubblicata oggi dalla Corte è inequivocabile: nessuno Stato può dichiarare “sicuro” un Paese senza garanzie reali per tutta la popolazione, né può respingere le domande di asilo con procedure accelerate basate su presunzioni arbitrarie. Proprio quello che il governo ha fatto con i trasferimenti in Albania, piegando la legge per alimentare il proprio racconto securitario e calpestando i diritti umani.
Il Ciac sostiene, insieme al Tavolo asilo nazionale, che ora non ci sono più alibi: il governo deve chiudere per sempre il Protocollo Italia-Albania e smetterla di trasformare la vita dei rifugiati in uno strumento di propaganda politica. Ogni tentativo di riattivare il modello sarebbe un atto di deliberata violazione della legge e un attacco frontale ai valori costituzionali ed europei.
Resta aperto il fronte dei trasferimenti dai CPR, ora sotto esame della Corte di Giustizia, ma già bocciati da numerosi tribunali italiani. Anche questa seconda fase del modello Albania è incompatibile con i diritti umani, come dimostra il report “Ferite di confine” diffuso dal Tavolo Asilo e Immigrazione a cui Ciac ha collaborato attivamente.

