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Il teatro può decostruire le narrazioni dominanti?

Abbiamo giocato, esplorato, riflettuto, condiviso. riso, siamo confrontati, messi in discussione. Abbiamo usato il teatro giornale per parlare di attualità. Il tutto grazie ad un laboratorio fatto con la cooperativa Giolli

Il teatro è, da sempre, un mezzo potentissimo. È uno spazio di creatività e riflessione, di libertà e resistenza, dove si incontrano corpi, parole, sguardi, voci, emozioni. Crea legami e connessioni, dando voce a ciò che spesso resta inespresso o invisibile, e diventando così anche uno strumento di trasformazione sociale.

Durante i cinque incontri del nostro laboratorio, organizzati dalla cooperativa Giolli, il teatro è stato tutto questo. Nei giorni del 2-3-30 Maggio, 6 e 11 Giugno 2025, abbiamo partecipato a un laboratorio di Teatro-Giornale, durante il quale abbiamo esplorato strumenti per analizzare criticamente la realtà e il mondo dell’informazione. Insieme abbiamo imparato a decostruire le narrazioni dominanti, ma anche a fare gruppo, a condividere esperienze ed emozioni e a creare uno spazio all’insegna della condivisione, della creatività e della libertà di esprimerci., per riflettere sul mondo dell’informazione e per decostruire le narrazioni dominanti.

Ma cos’è esattamente il teatro-giornale?
Si tratta di una delle tecniche del Teatro dell’Oppresso, una forma di teatro politico e partecipativo ideata da Augusto Boal in Brasile, negli anni ’60. Il Teatro dell’Oppresso nasce come pratica di resistenza, con l’obiettivo di dare alle persone comuni – e non solo agli attori professionisti – il potere di raccontare, denunciare, trasformare la realtà attraverso l’azione teatrale. In questa visione, il teatro non è più intrattenimento passivo, ma azione collettiva, strumento di consapevolezza e cambiamento.

Il teatro-giornale, nello specifico, consiste nell’analizzare in modo critico le notizie – quelle dei giornali, dei media, del mondo che ci circonda – e farne una rappresentazione teatrale. Non si tratta di riportare i fatti così come sono, ma di indagare ciò che sta dietro, di evidenziare le contraddizioni, gli aspetti ignorati, le voci silenziate, i punti di vista esclusi. In questo modo, si smascherano le narrazioni dominanti e si dà spazio a una visione partecipata e plurale della realtà.

Nei primi incontri del laboratorio, abbiamo iniziato da semplici esercizi teatrali. Giochi di gruppo, movimenti nello spazio, esercizi di ascolto, di espressione corporea. Sono stati momenti importanti per scioglierci, prendere confidenza con il nostro corpo e con gli altri, sentirci a nostro agio. In breve tempo, qualcosa è successo: ci siamo sentiti gruppo, ci siamo fidati l’uno dell’altro, ci siamo sentiti a nostro agio nel partecipare e nell’esprimere le nostre opinioni. È questa la forza del teatro: creare connessione, mettere nelle condizioni di esprimersi, sentirsi liberi, anche con persone che fino a poco fa si conoscevano poco.

Poi siamo entrati nel vivo del lavoro. Abbiamo fatto una rassegna stampa, leggendo diversi giornali e confrontando il modo in cui venivano trattati determinati temi. Ci siamo chiesti: che tipo di linguaggio viene usato? Cosa viene messo in evidenza? A cosa viene dato più spazio? Che cosa, invece, viene escluso? A partire da questa analisi, abbiamo selezionato alcune notizie significative e iniziato a trasformarle in rappresentazioni teatrali, secondo i principi del teatro-giornale.

Il tema centrale su cui abbiamo deciso di concentrarci è stato quello della ricerca della casa. Un argomento fortemente legato all’attualità e che riguarda tutte le fasce della popolazione: giovani, famiglie, studenti, persone migranti, anziani. Nella ricerca casa oggi si incontrano sempre più ostacoli e i media spesso raccontano l’argomento in modo distorto o parziale. Abbiamo allora messo in scena queste narrazioni, riflettuto su ciò che ci sembrava problematico, e provato a immaginare altri modi di raccontare, più giusti, più consapevoli, più attenti a restituire la complessità della realtà.

In tutto questo, ci siamo divertiti. Abbiamo improvvisato, immaginato, sperimentato. Abbiamo usato il corpo, la voce, l’immaginazione, la creatività. Abbiamo costruito uno spazio libero, uno spazio dove ognuno potesse esprimersi senza temere il giudizio, dove ogni opinione era importante. Ma soprattutto, abbiamo sperimentato come il teatro possa essere uno spazio di resistenza, di consapevolezza e di trasformazione sociale.

Il laboratorio si è concluso, ma qualcosa ci resta: la forza del gruppo e gli strumenti di osservazione critica del mondo intorno e del mondo dell’informazione che abbiamo acquisito. Perché, come ci ha insegnato il teatro dell’oppresso, è importante saper riconoscere e decostruire le narrazioni dominanti e fare spazio alle prospettive ignorate e alle esperienze troppo a lungo messe ai margini.

 

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