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"Il quartiere siamo noi": al Pablo una festa che profuma di amicizia e integrazione

Una merenda negli spazi verdi di quartiere Pablo organizzata dai residenti per i residenti, un ottimo modo per conoscersi, stringere i rapporti e fare formazione. Se lo scopo è comune, migliorare l'ambiente in cui si vive, farlo insieme è più bello.

“Che cosa sta succedendo? C’è una festa?” queste sono le parole che sabato pomeriggio si sentivano risuonare dai terrazzi di via Olivieri.  Bancarelle dell’usato, giochi di formazione per bambini e una tavola imbandita di dolcetti occupavano, infatti, l’intero spazio verde che si trova al centro di quartiere Pablo: un incontro tra i residenti, un momento per socializzare e, perché no, sensibilizzare le persone, a partire dai più piccoli, sulle tematiche ambientali e di buon vicinato. 

Si tratta di uno dei numerosi incontri con gli abitanti portati avanti dal progetto “Il portiere sociale” promosso da CIAC e a cui hanno aderito numerose associazioni (tra le quali  GIOLLI Coop.Soc.,  Connessioni Coop. Soc. e l’associazione Panta Rei): interscambio ed integrazione gli obiettivi dell’iniziativa così come quelli della giornata. 

“Dal 2020, infatti, - come spiega Arianna, educatrice della Coop Connessioni, mentre aiuta nella preparazione - alcune (si tratta, per adesso, di due appartamenti ndr.) delle case popolari non soggette a bando sono state destinate a rifugiati. L’idea era quella di inserire i ragazzi in queste case e fare in modo che vi fosse un interscambio comunitario: posso dare qualcosa alla comunità in quanto persona che nel quartiere vive e può fare qualcosa per migliorare la situazione”. Se in un primo momento, però, lo sguardo era rivolto solo ai nuovi residenti, pian piano ha trovato la sua evoluzione nel coinvolgimento di tutti gli abitanti di via Olivieri, via Ruggero e buona parte di via Capelluti. “Si è allargato il focus su quello che è il quartiere, essendo lo scambio ovviamente circolare”, conclude Arianna. La finalità è, infatti, quella di rendere protagonisti i ragazzi/ragazze/nuclei familiari che abitano le case di edilizia popolare e non solo del loro stesso quartiere, sia attraverso incontri sociali che anche di formazione e di buon vicinato. Un luogo in cui si possa vivere bene ed in tranquillità, creare un ambiente sicuro e di cui, proprio perché raggiunto attraverso gli sforzi di tutti, poter andar fieri. 

E a questo principio si ispira la giornata: divertire e educare. La mattina tutti a raccogliere i rifiuti in via Capelluti ed il pomeriggio una festicciola di quartiere, organizzata da un gruppo di residenti particolarmente attivi e sensibili. Il tutto svolto negli stessi luoghi: l’intera area verde occupata, divisa in due spazi, uno per grandi e uno per piccoli, uniti e separati allo stesso tempo da una lunga tavola per la merenda. Da una parte il mercatino per gli adulti e genitori, dall’altra un tavolo da giochi per i bambini. Il gioco? Colora il disegno e attaccalo nel giusto cestino dei rifiuti, un ottimo modo per non annoiare ma allo stesso tempo insegnare dove, ad esempio, poter gettare uno spazzolino da denti una volta a casa. 

Pablo

Non passa molto che il vociare dei bambini richiama l’attenzione di molti, i passanti finiscono a partecipare all’iniziativa tra una chiacchiera e l’altra. “Ma è il compleanno di qualcuno?” è la frase più quotata nel momento in cui si avvicinano. La giornata diviene un ottimo mezzo anche per spargere la voce e farla sentire: “No signora, siamo un gruppo di associazioni che si occupa di integrazione e riqualificazione del quartiere”, è la risposta della prima “addetta ai lavori” disponibile, a cui ovviamente segue una spiegazione più dettagliata.

Anche questo è importante, mi spiegano tra un passante e l’altro: farsi conoscere.  “Il quartiere siamo noi, se ognuno di noi si impegnasse a fare qualcosa nel suo piccolo ne verrebbe fuori qualcosa di grande” spiega Fiorenza, attiva nel progetto sia in qualità di volontaria “Panta Rei” che di abitante. La volontà di un miglioramento e di far sentire la propria voce è forte in ognuna delle persone presenti: “Non vogliamo che sia pensato un ghetto solo perché ci sono le case popolari: noi siamo qua per questo, per far capire che non tutte le voci sono quelle vere e che, invece, alcune voci dovrebbero essere ascoltate” replica un’altra volontaria di via Capelluti. 

Un progetto che restituisce lo spazio a chi lo abita, attraverso impegno e momenti gioiosi: un ottimo modo per conoscersi e aiutarsi vicendevolmente, tutti con l’obiettivo di rendere loro e migliore il luogo in cui passano le loro giornate. 

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