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Civiltà dell’Accoglienza: “Già accolti oltre 50 ucraini, centinaia orientati. Subito un vero sistema di accoglienza pubblico che garantisca i diritti”

Questo fondamentale lavoro ha supplito alla mancanza di una risposta istituzionale che ancora non c’è stata e allo scarso coordinamento tra istituzioni e servizi che, anche in questa ennesima emergenza, dobbiamo rilevare. Cosa sarebbe successo senza questa attivazione della società civile?

Comunicati stampa
Settanta posti disponibili di cui cinquanta già assegnati, diversi altri in corso di attivazione, e centinaia di persone orientate da un punto di vista sanitario e legale. Sono questi i numeri che la rete “Civiltà dell’Accoglienza” (composta da Ciac, Caritas diocesana parmense, Comunità Betania, Centro di Aiuto alla Vita, Istituto del Buon Pastore, Di Mano in Mano, Pozzo di Sicar  e Festival of Praise e molte altre tra cui l’associazione Aicc di Casalbarbato e il Centro interculturale della provincia di Parma) ha messo a disposizione con grande impegno e tempestività ai profughi ucraini, principalmente nuclei famigliari, molte donne solo con i figli arrivate o in arrivo sul territorio di Parma. 

La rete è stata in grado di rispondere tempestivamente e concretamente alle segnalazioni di accoglienza di privati e di enti, dalla Prefettura ai Comuni. Grazie ai servizi diffusi sulla provincia, come sportelli comunali, centri d’ascolto, alla rete dei contatti con la comunità ucraina e alla collaborazione continua attiva tanti comuni come Fidenza, Collecchio, Fontanellato, Montechiarugolo, Sissa-Trecasali, altre 150 persone sono state incontrate per fornire informazioni legali, aiuti materiali necessari (dai generi di prima necessità ai tamponi covid-19); dall’iscrizione al servizio sanitario alle procedure per il soggiorno. Un lavoro continuo, che ha raggiunto quante più persone possibili arrivate dall’Ucraina, con l’obiettivo di garantire i diritti ed evitare confusioni, abbandono e improvvisazione.

Questa risposta di rete qualificata e professionale si è dovuta basare solamente sulle forze delle associazioni, del progetto Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) dei distretti Fidenza e Sud-est e sulla generosa attivazione di singoli cittadini solidali (moltissimi hanno messo a disposizione appartamenti e stanze, e molto altro), senza dimenticare le tantissime persone ucraine che lavorano in Italia e italiane che stanno accogliendo in casa propria familiari e amici. Questo fondamentale lavoro ha supplito alla mancanza di una risposta istituzionale che ancora non c’è stata e allo scarso coordinamento tra istituzioni e servizi che, anche in questa ennesima emergenza, dobbiamo rilevare. Cosa sarebbe successo senza questa attivazione della società civile?

Non vogliamo fare polemiche, ma lanciare un grido di allarme: documenti, sanità, scuola, accoglienza, tutela dei minori, lavoro sono temi ineludibili e, per essere resi concreti, necessitano di un sistema ordinario e non emergenziale che sappia affiancare i Comuni e le comunità con professionalità e competenza dalle prime esigenze alla reale integrazione. Serve, oggi più che mai, un sistema di accoglienza provinciale unico, stabile, non frammentato, non binario, con un modello chiaro e definito, che sappia garantire ai profughi equità, tempi e risposte certe. Un metodo basato su piccoli appartamenti e servizi per l’integrazione, pubblico e capace di valorizzare e riconoscere, senza abbandonarla a sé stessa, l’accoglienza in famiglia che sta reggendo il maggior numero di situazioni oggi. 

Ciac e tutte le realtà della Civiltà dell’Accoglienza rinnovano e rilanciano il comune, concreto impegno per la popolazione ucraina e per ogni altra persona che fugga da guerre e conflitti in ogni parte del mondo.

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